Il 1° ottobre presso la sede della fondazione Gerardino Romano a Telese Terme, in una sala affollata si è tenuto un incontro con il giornalista e scrittore Gigi Di Fiore incentrato sul suo libro “Controstoria dell’Unità d’Italia”, venduto in più di 40.000 copie. Il moderatore era il professore Felice Casucci, presidente della fondazione ospite.
L’autore del libro ha tratteggiato il contesto internazionale nel quale scaturì la decisione di dare il via all’ardita impresa garibaldina passando poi ad analizzare le cause che portarono al subitaneo tracollo dell’esercito borbonico, che precedette la scelta di Francesco II di tentare una estrema difesa arroccandosi nel cittadella di Gaeta.
Di Fiore ha parlato di una differenza di sensibilità che avrebbe colto nel carattere dei settentrionali e dei meridionali che determinerebbe spesso una incapacità di comprendersi a vicenda e corrisponderebbe anche ad un diverso atteggiamento nei confronti della politica e degli eventi storici. A parere dell’autore, rispecchierebbe le diverse circostanze storico-politiche che hanno condizionato l’evoluzione delle popolazioni e dei territori del nord e del sud Italia. A settentrione la presenza dei comuni avrebbe contribuito a forgiare un carattere meno aduso alla subalternità e più avvezzo ad un confronto di idee per riuscire a pervenire a decisioni condivise in seno alle comunità. Al sud, invece, la persistenza del latifondo e del potere dei signorotti locali avrebbe determinato un atteggiamento più fatalista e rinunciatario nei confronti di ciò che accade a livello politico e quindi storico, nei confronti delle modalità attraverso le quali avviene l’amministrazione del territorio, in altre parole verso il potere.
L’avanzata repentina dell’esercito di Garibaldi fu favorita, secondo Gigi Di Fiore, proprio da questo atteggiamento delle popolazioni meridionali, condizionato da un fondamentale senso di impotenza rispetto agli eventi che accadono sulle proprie teste sino a determinare una sorta di vera e propria indifferenza. Ad alimentare questo stato d’animo contribuiva l’incertezza che regnava sulle sorti del confronto politico-militare. Ci si sentiva insicuri sul da farsi perché incerti su quale cavallo puntare, da quale parte schierarsi. Ovviamente le valutazioni sarebbe avvenute su basi opportunistiche, stimando la convenienza nel sostenere l’uno e l’altro esercito in campo.
Tale insicurezza serpeggiava non sono tra la popolazione civile ma anche tra gli ufficiali dell’esercito borbonico determinandone la condotta, condizionata da reciproci sospetti e da intimi dubbi sull’opportunità o meno di saltare sul carro dei possibili vincitori.
Dopo aver parlato di Liborio Romano e delle memorie di Quandel, Di Fiore ha trattato il tema dell’annessione del Veneto, regione che, a differenza degli altri territori del nord, avrebbe effettivamente il diritto di vantare una identità nazionale, consolidatasi in secoli di sovranità ed indipendenza della Serenissima.
Infine Di Fiore ha parlato diffusamente dell’eccidio di Pontelandolfo e Casalduni, spiegando quali furono le cause che determinarono la scelta di compiere la rappresaglia contro la popolazione civile e ripercorrendo le tappe che portarono al massacro. Ha ribadito il suo legame con la comunità di Pontelandolfo ed ha ricordato di essere stato anche insignito del premio “Landolfo d’Oro”.
Oltre che salutare Gigi Di Fiore in rappresentanza dell’associazione “Pontelandolfo Città Martire” ed a porgergli i personali saluti del prof. Renato Rinaldi, alla fine dell’incontro ho ringraziato l’autore per aver scritto un testo che è riuscito a ribaltare la storia del Risorgimento, esprimendo il mio entusiasmo per il libro che portavo tra le mani, con le pagine dense di annotazioni ed i righi vergati da sottolineature a matita. Il dott. Di Fiore allora mi ha cortesemente scritto una dedica sulla prima pagina del libro, che conserverò il ricordo di quest’incontro.
Gaetano Ferrara