Nel 2017 ricorreranno 150 anni dalla morte dell’illustre monsignor Giovanni Rossi, nato esattamente 230 anni or sono a San Lorenzo Maggiore. Il suo nome è familiare ai Laurentini perché a lui è stata intitolata la strada che da qualche decennio collega via Santa Maria a via Castagna, costeggiando a meridione il centro abitato del paese
.Le informazioni che seguono, sono state tratte dal libriccino Elogio di Monsignor Giovanni Rossi di Enrico Mandarini.
Nato nel 1785 a San Lorenzo Maggiore da Pasquale Rossi e da Angelarosa (o Angela Rosa) Bosco, per il suo animo buono e la propensione ad operare del bene, fu inviato dai genitori al Seminario di Cerreto.
“Dotato il Rossi di perspicace intendimento, di ingegno pronto, e di prodigiosa memoria, percorse ivi con alacrità l’arringo della bella letteratura.” (p. 6)
Non ancora ventenne si recò a Napoli per studiare filosofia, teologia, diritto civile e diritto canonico, medicina.
Quando rientrò a San Lorenzo Maggiore, volle diventare ecclesiastico e, ordinato sacerdote, divenne canonico della chiesa collegiale.
Per le sue grandi virtù, tuttavia, fu chiamato nel Seminario Telesino per insegnare “belle lettere”, filosofia e teologia morale.
Nel 1811 fu però richiamato a Napoli dove gli fu affidato il titolo di Custode della real Biblioteca (borbonica, oggi nazionale).
Si interessò di svariati argomenti e produsse una gran mole di scritti divenendo nel 1817 Scittore della medesima biblioteca.
Mostrò ineguagliabili capacità mnemoniche ed intellettive.
“Ma quello, che sembra quasi incredibile, è che nulla di quanto la gran mente del Rossi apprendeva dall’immensa lettura, a lui sfuggiva e dileguavasi. La sua prodigiosa memoria tutto riteneva: sicchè l’avresti udito non accennar soltanto il titolo dei libri, e i capitoli e le parti ch’essi contenevano, ma citarli eziandio senza errori e con precisione i paragrafi e le pagine, ove trattavasi di alcun particolar soggetto.” (p. 10)
Proprio in virtù di queste sue caratteristiche, nel 1826 gli fu affidato il compito di compilare un nuovo catalogo bibliografico. Il Rossi intraprese laboriosamente il compito, con impegno e sacrificio, perfezionando il primo volume costituito da circa 500 pagine per le prime due lettere dell’alfabeto.
Pubblicò diversi testi sulle più svariate materie ma si distinse per aver risolto brillantemente una controversia tra Telese ed Alife a favore di Telese “per la precedenza del titolo nell’unione dei due seggi vescovili”, dimostrando che era sede vescovile già con Fiorenzo Telesino a partire dal V secolo, versione poi confermata dal cardinale Angelo Mai, allora Prefetto della Biblioteca Vaticana.
Il risultato di questi suoi studi vennero pubblicati nell’opera “Catalogo dei Vescovi di Telese”.
Il Rossi ha il merito di aver riscoperto la figura di Gualtieri da Ocre, Gran Cancelliere dei regni di Sicilia e Gerusalemme sotto diversi sovrani.
“Ricco, com’era il Rossi, di tanta dottrina, fu l’obbietto dell’universale estimazione di uomini dottissimi e di prestantissimi personaggi ancor d’oltremonte. I quali, nelle quistioni più ardue di filologia, di storia, di archeologia e di bibliografia, si facevano riverenti a lui per richiederlo di consiglio e di aiuto, onde, consultati i monumenti ed i libri dal Rossi additati, potessero poscia con maggior sicurezza proseguire nel cammino dei loro studi.” (p. 15)
In una lettera dell’abate D. Luigi Tosti Cassinese al quale furono richieste alcune notizie bibliografiche, scriveva da Montecassino:
“Nulla ho trovato per quanto abbia ricercato in Biblioteca. Ma a che cercare in queste parti? Avete Rossi nella Borbonica, e vi rivolgete a noi. Adite fontem” (p. 15)
Rossi fu nominato prima Bibliotecario, poi Prefetto della Biblioteca nazionale di Napoli.
Jacopo Morelli disse di lui: “di tanto si ricordava di quanto aveva letto e tanto letto aveva quanto trovavasi scritto” (p. 16)
Ottenne riconoscimenti sia dai Borbone, con l’onoreficenza dell’Ordine di Francesco I, sia da parte del neonato Regno d’Italia, insignito dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (p. 17) e con l’invito da parte del generale Lamarmora, che in quei giorni reggeva la provincia di Napoli, a riordinare l’Archivio Farnesiano.
Ricevette altresì encomi ed attestati di stima da parte di Leone XII (p. 13), Gregorio XVI, Pio IX (p. 17).
Ebbe la nomina a membro di molte accademie italiane e straniere, divenendo anche presidente di alcune di esse.
“Donde avvenne che il suo cuore visse sempre infiammato di tanto amore per la sua terra nativa, che non vi fu opera di pubblica utilità, che il Rossi non procurò al proprio paese. Basti dire che la mercè di lui fu esso provveduto di una nuova e larga strada, che ora sì umilmente il congiunge con altri interessanti luoghi della Campania.
Opera ancora del Rossi si fu la conservazione dell’antica sede vescovile di Telese, ora stabilita in Cerreto, e che ottenne per le relazioni, in cui egli felicemente trovavasi con gli Esecutori del Concordato del 1818.
Ma come potrebbonsi con degna lode ricordare gli aiuti dal Rossi prestati ai Vescovi Telesini nell’esercizio del loro pastorale ufficio, quando essi medesimi lo avrebbero voluto vicino per loro collaboratore? Anche da lontano essi del suo consiglio si giovarono, a lui commisero i negozi più gravi e vollero soprattutto che gli studi sì letterari che scientifici del loro Seminario fossero dal Rossi diretti.” (p. 18)
Morì il 30 marzo del 1867.
“La sua terra nativa fu anche sollecita di rendergli un tributo di amore e di gratitudine, celebrandone nel decimoquarto giorno dopo la sua morte con solenne pompa i funerali.” ( p. 19)
Gaetano Ferrara