(resoconto della presentazione del libro “La Camorra e le sue storie” di Gigi Di Fiore, tenutasi il 16/08/2016 sul terrazzo della Libreria del Mare di Caprioli, a Pisciotta)
Nell’ambito del consueto appuntamento estivo con i libri e gli autori organizzato dal Comune di Pisciotta, dalla Libreria del Mare e dall’Associazione Culturale “La Menaica” di Caprioli, il 16 agosto 2016 il giornalista, saggista e scrittore Gigi Di Fiore ha presentato la nuova edizione del suo libro “La Camorra e le sue storie”, della De Agostini-UTET.
L’incontro si è tenuto sulla terrazza della Libreria del Mare alle ore 21:00. Seduti al tavolo dei relatori c’era lo stesso Autore, la titolare della Libreria del Mare e l’avv. Franco Russo, amico di lunga data di Di Fiore e – per inciso – autore del libro “Per… Alice”, dedicato all’acciuga, a questo alimento caratteristico della cultura mediterranea.
Dopo i saluti della titolare della Libreria del Mare, l’avv. Franco Russo ha presentato l’Autore ricordando la lunga amicizia con Gigi Di Fiore, nata tra le aule ed i corridoi di Castel Capuano, dove tutt’ora ha sede la sezione civile del tribunale di Napoli, ed ha parlato diffusamente della lunga attività di cronista giudiziario del giornalista, impegnato a seguire i processi più importanti degli anni ’80 e della prima metà degli anni ’90. Si è inoltre dilungato in un interessante excursus sulla trasformazione della camorra negli anni Ottanta, soprattutto dopo la data del 23/11/1980, il giorno del terremoto dell’Irpinia. Quella data segna una pietra miliare nella storia della criminalità organizzata in Campania. Nella serata del 23 novembre, infatti, approfittando del trambusto dovuto alla forte scossa tellurica, nel carcere di Poggio Reale si consumò una cruenta resa dei conti tra i Cutoliani ed i loro avversari. Sempre a partire da tale data, incominciarono a piovere sul Meridione migliaia di miliardi di lire per la ricostruzione delle zone colpite dal sisma. Questo immenso flusso di denaro suscitò l’interesse dei gruppi criminali che pianificarono procedure per poter appropriarsi di una consistente fetta di tali immensi fondi pubblici. Si realizzò quello che i magistrati definirono successivamente come un “rapporto sinallagmatico a tre”, cioè tra gli imprenditori del nord che si aggiudicavano gli appalti, i politici che ricevevano il proprio tornaconto e la criminalità organizzata che si occupava di gestire i subappalti, non tradendo mai, comunque, la propria vocazione all’estorsione ed alla sopraffazione.
Dopo l’introduzione dell’avv. Franco Russo, l’incontro è entrato nel suo momento clou con l’intervento dell’Autore.
Gigi Di Fiore lavorava a Castel Capuano proprio negli anni in cui si svolsero le vicende rievocate dall’avv. Russo. Ha vissuto l’epoca del predominio della Nuova Camorra Organizzata e dello strapotere di Cutolo, boss di Ottaviano con il quale nel 1981 – quando era recluso nel carcere di Ascoli Piceno – interloquirono anche le istituzioni repubblicane affinché si attivasse per la liberazione di Ciro Cirillo, assessore regionale ai lavori pubblici della Campania, sequestrato nel garage di casa a Torre del Greco dalle Brigate Rosse. Di Fiore ha vissuto l’epilogo dei Cutoliani – dopo le incalzanti inchieste della magistratura che portarono al maxi-blitz del 17/06/1983 (in cui fu coinvolto anche Enzo Tortora) – e l’ascesa della Nuova Famiglia, sodalizio nel quale, per fare guerra alla N.C.O., si erano coalizzati alcuni potenti boss tra cui i Giuliano di Forcella e i Nuvoletta (questi ultimi intrattenevano rapporti anche con Cosa Nostra).
Di Fiore c’era anche quando si celebrarono i processi per il post-terremoto, in cui furono coinvolti esponenti campani di primo piano dei partiti di governo. Raccontando queste storie è divenuto egli stesso protagonista di quegli anni. Ha pubblicato su “Il Mattino” – per cui lavora da 28 anni (è giornalista professionista da 32 anni) – resoconti accurati dei vari processi e notizie di prima mano sulle vicende giudiziarie e sulle inchieste che si dipanavano nelle aule del tribunale di Napoli.
Per il suo lavoro scrupoloso, ispirato da una sorta di sesto senso che gli permetteva di “intuire” l’andamento dei processi e delle indagini e da un fiuto particolare per scovare le notizie che poi puntualmente pubblicava su “Il Mattino”, nell’estate del 1995 Gigi Di Fiore fu oggetto di un’inchiesta da parte della magistratura. Fu pedinato dai Carabinieri per una ventina di giorni e la sua abitazione fu perquisita. Furono sistemate telecamere e cimici nei luoghi da lui frequentati e persino nelle stanze di Castel Capuano, per tentare di inchiodarlo. I magistrati cercavano le presunte fonti segrete a cui Gigi Di Fiore avrebbe attinto per la stesura dei suoi articoli poiché risultavano sempre precisi, puntuali e denotavano approfondita conoscenza delle inchieste in corso e dell’attività investigativa. C’era la convinzione che qualcuno dall’interno di Castel Capuano facesse trapelare notizie e documenti riservati. L’indagine si concluse il 10 luglio del 1995 con la fine inaspettata dei pedinamenti, quando Di Fiore partì per le vacanze, portando praticamente ad un nulla di fatto.
Dopo 13 anni di attività come cronista giudiziario, dopo diverse decine di azioni giudiziarie intentate nei suoi confronti per i suoi articoli e, soprattutto, dopo le indagini da parte della magistratura sul suo conto, Gigi Di Fiore decise di abbandonare quell’incarico. Il clima del tribunale era diventato irrespirabile. La stessa abitudine a scrivere di processi e di inchieste per più di un decennio, aveva condizionato il suo stesso modo di scrivere. Decise così di chiedere al direttore de’ “Il Mattino” che fosse assegnato ad altro incarico e così divenne inviato speciale.
La prima edizione del libro “La camorra e le sue storie” fu pubblicata nel 2005. Aveva già scritto di camorra, come in “Potere Camorrista” del 1993, che fu adottato anche da Amato Lamberti in un suo corso universitario, o in “Io, Pasquale Galasso” del 1994, libro dedicato al noto pentito di camorra. Successivamente scriverà ancora di camorra: “L’impero. Traffici, storie e segreti dell’occulta e potente mafia dei Casalesi”, libro che verrà trovato nel covo di Zagaria, al momento del suo arresto.
Avrebbe potuto scegliere di ignorare il fenomeno criminale, rifugiandosi in una supponenza elitaria come quella che caratterizzava il pensiero di Benedetto Croce, il quale non si occupava di camorra poiché lo considerava fenomeno prettamente attinente alla plebe e quindi non meritevole di attenzione. Ha invece voluto sporcarsi le mani ed entrare nel vivo di un fenomeno che condiziona pesantemente la vita politica, economica, sociale del Meridione ed è parte della sua storia. Lo ha fatto col suo stile inconfondibile: sobrio, senza enfasi e mai sopra le righe, con affermazioni sempre supportate da ampia documentazione. Racconta, soprattutto, tenendo sempre conto di quale dev’essere il ruolo del narratore e dello scrittore. Non può fare a meno di produrre un testo edificante, che possa avere una funzione nella formazione delle nuove generazioni attraverso l’approfondimento della conoscenza del mondo in cui vivono. Tale prospettiva è una scelta di campo, netta.
Nel momento, infatti, in cui si predilige uno stile di scrittura in luogo di un altro, si esprime implicitamente una preferenza su quello che dovrà essere il ruolo del testo che viene prodotto. Enfatizzando caratteristiche delle personalità dei protagonisti di episodi criminali, accentuando i caratteri delle dinamiche interne delle organizzazioni criminali, creando una vera e propria sceneggiatura attorno a fatti di cronaca veri o, cosa più grave, inventati di sana pianta, si rischia di creare dei personaggi letterari che possono servire da modelli per i più sprovveduti.
A differenza della provincia – infatti – dove la camorra ha conservato un aspetto piramidale con strutture di potere ben definite, a Napoli impazzano le baby-gangs, le “paranze di bambini”, che non hanno più riferimenti a cui ispirarsi nel contesto sociale in cui vivono poiché le strutture tradizionali di potere camorristico sono saltate, con i vari boss reclusi da decenni o passati nelle schiere dei collaboratori di giustizia. Queste piccole gangs – sul modello di quelle metropolitane americane – hanno bisogno di modelli a cui ispirarsi, per appropriarsi di una terminologia, per introiettare valori, per emulare atteggiamenti e comportamenti. Uno scrittore o un autore ha bisogno di saper gestire il potere di fascinazione che è in grado di esercitare; dev’essere in grado di centellinare con morigeratezza i dettagli e gli aneddoti per evitare di creare paradigmi virtuali a cui potersi ispirare. Gli autori di libri di camorra e di fiction hanno una responsabilità a cui non possono derogare e bisogna essere in grado di individuare il limite al di là del quale si smette di rappresentare la realtà, magari con vaghi intenti di denuncia, e si comincia a crearla, condizionandola in maniera negativa.
La nuova edizione del libro di Di Fiore presenta 100 pagine in più. Rispetto alla prima edizione, sono state aggiunte una prefazione, l’ultimo capito dedicato alle “paranze dei bimbi”, l’intervista a Ciro Cirillo del 2006 e quella a Lucio Di Pietro del 2015.
L’incontro si è concluso con un rinfresco, offerto dalla gentile titolare della Libreria del Mare.
Gaetano Ferrara